Morone, Miniera

Morone, Miniera

Località Morone, Selvena

La miniera del Morone è situata poco fuori l’abitato di Selvena, da cui dista circa 1 chilometro, a una quota di cinquecento metri sul livello del mare. L’area mineraria, dominata dai ruderi del castello medievale aldobrandesco di Rocca Silvana, era un sito conosciuto già al tempo degli etruschi e durante il medioevo, come risulta da documenti antichi e reperti rinvenuti, perché ricca di antimonio e vetriolo, nonché di mercurio. Tuttavia, si dovrà aspettare il 1850 per la ripresa dell’attività mineraria, quando la Società Industriale Stabilimento Mineralogico Modigliani, proprietaria della miniera del Siele, sotto la direzione dell’ingegnere francese Alfredo Caillaux – primo tecnico a redigere una relazione esaustiva sui giacimenti amiatini e a individuare con precisione gli sviluppi minerari dell’Amiata riconoscendo il valore delle tre aree, Siele-Morone-Abbadia, come le più importanti –, eseguì alcuni lavori di esplorazione scoprendo una discreta abbondanza di cinabro. Nonostante questi ritrovamenti i lavori non proseguirono e qualche anno dopo, nel 1871, Don Bosio Sforza, conte di Santa Fiora, cedette per 99 anni a Filippo Schwarzenberg e ai suoi eredi il diritto esclusivo di escavazione. Il nuovo concessionario, sotto la guida di Teodoro Haupt, iniziò nel 1874, proprio nell’area dove insiste lo stabilimento del Morone, le prime ricerche di cinabro che furono abbandonate nel 1882 perché poco fruttuose. Dopo la morte di Filippo Schwarzenberg, i suoi eredi, nel 1889, sotto la direzione dell’ingegner Jasinsky, ripresero le indagini che furono di nuovo sospese nel 1891, e successivamente riprese nel 1907. Due anni dopo, procedendo bene le coltivazioni, grazie all’introduzione di un impianto idroelettrico che permetteva la ventilazione delle gallerie, e alla costruzione di un forno Spirek, venne prodotto il primo mercurio. Nel 1917 la miniera fu acquistata dalla Società Monte Amiata, già proprietaria di quella di Abbadia San Salvatore.

Nel 1925 al Morone esistevano tre gallerie di carreggio, di cui la prima alla quota 482 metri slm. (livello III) e le altre due rispettivamente a 452 e 437.

Vi si lavorò a pieno ritmo sino al 1932 dopo di che, per la crisi internazionale, la miniera conobbe un lungo periodo di stasi. La produzione fu fermata, vennero fatti soltanto lavori di manutenzione con conseguente degrado delle gallerie e dei pozzi, e vennero smantellati quasi tutti i forni. Nel 1939 e nel 1940 ripresero i lavori di ricerca: fu scavata una galleria di ribasso e riaperta la galleria Elena Dainelli, ma la produzione non ripartì e quindi lo stabilimento rimase inattivo.

Dopo la guerra la Società Monte Amiata ne decise la riapertura. I lavori in sotterraneo ricominciarono, si riattivarono cinque livelli e si portarono avanti le ricerche nella zona sudovest; contemporaneamente a partire dal 1951 si riattivarono i due vecchi forni Cermak-Spirek, della capacità di 12 tonnellate ciascuno, e si costruirono due forni a torre Spirek per riprendere a produrre mercurio. Nel 1955 la Monte Amiata iniziò un’opera di ammodernamento degli impianti; nel 1961 entrò in funzione un forno a suole multiple tipo Pacific da tre tonnellate/giorno e nel 1964 un altro forno a suole Pacific, questa volta da 50 tonnellate. Quest’ultimo permise, per un certo periodo, di trattare oltre al minerale escavato in loco anche quello proveniente dalle miniere di Cellena-Cortevecchia e Solforate Schwarzenberg. Nel 1970, nonostante il mercato del mercurio stesse attraversando un periodo di profonda crisi, nella miniera si continuò una sostenuta attività di ricerca e si sperimentarono nuovi metodi di coltivazione. Nel 1973, dopo aver potenziato l’impianto metallurgico di Abbadia San Salvatore la società decise, per motivi economici, di trattare il minerale estratto a Selvena in quello stabilimento e di spegnere definitivamente i forni del Morone. Nel 1974, insieme alle altre miniere della Monte Amiata, il Morone passò alla Società Mercurifera Monte Amiata e, una volta trasferita all’ENI, venne chiusa definitivamente nel 1981. Attualmente, dopo i lavori di bonifica e messa in sicurezza, la miniera del Morone appartiene al Comune di Castell’Azzara.

La caratteristica più interessante di questo sito è la possibilità di seguire l’intero ciclo di lavorazione del cinabro, dall’uscita dalla galleria, tramite carrelli trainati dal locomotore, passando per il frantumatore e per l’essiccatore per arrivare, mediante il nastro trasportatore, ai forni, dove il minerale veniva cotto ad alte temperature per estrarre il mercurio presente al suo interno. Al Morone si può vedere l’evoluzione della tecnologia di estrazione che va dai primi forni «a storte» fino ai cosiddetti Pacific. Oltre a questi è possibile osservare ancora integri, unico esempio sull’Amiata e nel mondo, i forni Cermak-Spirek.

Testi di:Anna Lazzeri


Galleria fotografica

Foto di Michele Ruffaldi Santori, VIDEO GRAFICA 01 – Grosseto


Minierrando 2022 agosto settembre
PRENOTAZIONI

La Miniera del Morone si può visitare su prenotazione, contattando il signor Giuseppe Ronchini.


CONTATTI

Per le visite
Telefono: 0564/960925


PREZZI

Prezzi in fase di aggiornamento

Morone, Selvena

LA MINIERA

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